Un gruppo musicale di nove elementi che non
trascura nessun genere musicale e si esibisce alle sagre di paese fra
scenografie teatrali, travestimenti e conversazioni surreali con il
pubblico
Siamo certi che nessun altro gruppo musicale si possa vantare, come accade ai
Los Massadores, di riempire tendoni da sagra un lunedì qualunque o un mercoledì qualsiasi. Il fenomeno Los è
veneto
ma presto ne valicherà i confini. Alle performance canore del gruppo
accorrono tutti, dai super vecchi ai super giovani. Tutti riuniti
intorno ad una messa in scena in cui si riconoscono. Gli ingredienti
sono semplici:
ruralità, dialetto, tradizione e una grande attenzione a tutto ciò che modifica i parametri precedenti.
Folk, pop, rock, salsa: nessun
genere viene escluso, così come gli strumenti musicali, anche perché a
suonarli sono in nove. Il palco diventa presto un teatro, sia per
l’utilizzo di scenografie e
travestimenti, sia per le
comiche e surreali conversazioni tra i cantanti e il loro
affezionatissimo pubblico. Uno show che dura non meno di due ore, senza
dubbio partecipate: tutti conoscono i testi delle canzoni. I Los
Massadores contendono i palchi ai professionisti musicali delle feste
campagnole, a quei figli e nipoti dei “Casadei” che faticano a
rinnovarsi, nonché a tutte le stoppose coverband di cui non se ne può
decisamente più.
Il terreno “naturale” dei Los sono le sagre,
intitolate agli asparagi, ai piselli, alle fragole. La prima domanda
perciò non può non partire da qui. La sagra veneta ha tradizioni antiche
ma oramai è tutta informatizzata, un terminale elettronico collegato
alla cucina ed ad un display ci dice istantaneamente a che punto è la
nostra comanda.
Secondo voi il computer sostituirà la frittura mista con polenta?E’
uno scenario poco probabile ma non impossibile: l’avvento dell’ADSL ha
sconvolto l’equilibrio delle feste paesane creatosi negli anni e la
frittura mista, pur rimanendo un piatto sacro della tradizione
sagristica (per questo motivo viene spesso chiamata “frittura mistica”),
sta indubbiamente pagando lo scotto della sua arretratezza tecnologica,
per cui la sua connessione, paragonata a quella del computer, risulta
sempre un “po-lenta”… Per sua fortuna, al momento, il pdf risulta ancora
un formato poco adatto per i calamari… La vera questione, però, è
un’altra: riusciranno i bovoeti a sopravvivere a Twitter?
Nel
1977 Alan Sorrenti cantava “figli delle stelle”, oggi nel 2013 si può
affermare che i Los Massadores sono “figli delle stalle”?Purtroppo
solo alcuni di noi possono vantare radici rurali e contadine, la
maggior parte discende dalle generazioni già “industrializzate” del boom
economico. Stiamo tuttavia cercando di intraprendere un cammino di
redenzione rurale, una “Stall-way to heaven” che ci permetta di
sfruttare appieno le nostre potenzialità agricole e infine “di uscire a
riveder le stalle”.
Nei vostri testi si fa spesso
riferimento ai grandi classici della cucina veneta. Secondo voi c’è un
ritorno alle tradizioni culinarie o i “quattro salti in padella” hanno
oramai conquistato anche le tavole dei “campagnoli”? Stiamo
innegabilmente vivendo una “moda gastronomica”, pompata dalla miriade
di programmi culinari che passano in TV, primo fra tutti Masterchef.
Abbiamo visto persone di ogni tipo gridare con accento americano:
“Questo musetto è una vergogna!” e lanciare il piatto verso il cuoco!
Per non parlare poi del biologico, del macrobiotico, del cattolico,
apostolico, romano… Nel nostro piccolo, comunque, cerchiamo di cavalcare
questa tendenza: nelle prossime settimane, insieme al nostro caro amico
Paul McCartney, in Italia per il concerto all’Arena, organizzeremo una
giornata di degustazione, studi, seminari su uno dei piatti più
importanti della nostra tradizione, le trippe. La manifestazione si
chiamerà “Day Tripper”.
Ognuno di voi vive in un posto
diverso, fra Asolo, il Grappa, Treviso e Castelfranco in pratica
rappresentate l’essenza della campagna metropolitana. Terra e capanon.
Cosa vi accomuna oltre al prosecco e il radicchio tardivo?
Ci accomuna una non comune bellezza fisica, che spesso, però, diventa
per noi un limite, un’etichetta. Il fatto di essere considerati la
risposta veneta agli One Direction e di essere nati in una zona
fortemente dedita alla zootecnia ci ha fatto guadagnare l’appellativo di
Buoi-band… Bellezza a parte, si può tranquillamente affermare che il
non-possesso di un San Bernardo, il fatto di non aver mai visitato
Kampala, Kigali e Bujumbura e la non-parentela di sangue con Alcide De
Gasperi rappresentino degli importanti tratti comuni ai membri del
gruppo.
Il grande Jannacci cantava “la televisiun, la
t’indormensa c’un coiun”. Vi va dato merito che il vostro show è un
ottimo antidoto alle serate davanti alla TV e così le varie sagre
paesane con voi o senza di voi. Riusciremo un giorno a liberarci del
tubo catodico? La televisione non è un male assoluto,
rimane ancora il mezzo comunicativo più importante e più influente, ma
va fruita in maniera critica e partecipata: spegnerla ed uscire di casa è
talvolta la maniera più intelligente per farlo. Passare una serata ad
una sagra paesana, ad esempio, ti dà la possibilità di entrare in
contatto con il microcosmo dei suoi frequentatori abituali, un
sottobosco di umanità varie ed eventuali che rappresenta senza dubbio
una ghiotta occasione per antropologi e sociologi: c’è l’uomo in divisa
estiva “canotta/bermuda/infradito” accompagnato da signora cotonata e
fasciata in un improbabile vestito da sera, ci sono attempati danseurs
pronti a librarsi sulle note di polke e mazurke e sul borotalco delle
piste da ballo, ci sono le siore con il classico “golfeto” sulle spalle
incuranti dell’afa estiva, il palestrato macho che esibisce la propria
prestanza fisica al punch-ball, giovani coppie che amoreggiano ai bordi
della pista degli autoscontri sulle note di raffinatissima musica dance,
in pratica uno spaccato sociale e culturale degno della miglior puntata
di Studio Aperto!
Le fissazioni politiche venete sembrano
finalmente in crisi. Dal bianco fiore si è passati al verde lega come
al ristorante si passa dal primo al secondo piatto. Che futuro augurate
al Veneto, in particolare a quello rurale? La nostra
speranza è che il Veneto, dopo un primo “bianco” ed un secondo “verde”,
non sia già arrivato alla frutta… ma si possa quantomeno gustare il
dessert, a prescindere dal suo “colore”: un dessert in cui la
partecipazione della gente alla vita politica sia l’ingrediente
principale. Al Veneto rurale invece, auguriamo di sapersi evolvere e
trovare una dimensione che gli permetta di continuare a vivere e non di
sopravvivere ancorato ad un’idea romantica e spesso travisata, ad
un’ideale Veneto felix che forse non è mai esistito.
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