La città catalana ha un gruzzolo nascosto di vie strette, di muri
zuppi d’umido e di sale, che il lento inverno prepara all’asciugatura
dell’estate. Allora è la canicola che vince, quando la mamma del sole
inchioda i viandanti ciechi e li forza a strisciare lungo gli orli dei
muri: senza accorgersene capita di arrivare all’acciottolato di piazza
del teatro, che è già sera, e prender giù storditi per i gradini del Bisbe. Errore quanto mai felice! Sì, è vero che la cucina a vista
sparge i fumi delle cotture, anticipa la sorpresa degli odori e forse
li staglia fin troppo sulle ceramiche chiare, alla luce piena delle
lampade di barbuti designer milanesi. Ma la saletta
lunga nei pressi del bancone darà il sollievo della penombra e della
musica soffusa, e mani premurose offriranno qui sulle rustiche tovagliette di carta da macelleria, ricercatissime, la compagnia di una pasta con verdurelle appena scottate, insaporite di spezie
della macchia. Un calice o due di nerissimo rosso per un oblio sereno,
una vacanza leggera e finalmente paga di un riposo senza desideri.
Sembrerà strano, eppure anche per Alghero, Barcelloneta dell’isola, si leggono appunti di turisti malcontenti,
a cui si crede e non si crede. Ma è bene darne testimonianza, perché
l’insidia esiste, la tentazione davvero poco sarda di trattare l’0spite
come un turista qualsiasi. Et voilà: Il nuovo Gourmand “da Bruno” (piazzale della Pace 39).
Alla pacciatòria si specchiano i volti estenuati dalla fila,
gli occhi proni, ravananti tra le vaschette zincate, a brucare quel che
affiora dai sughi del giorno; e facce eternamente stanche ti
accompagnano il piattino di polistirene, mani sfinite ti seguono fino al
termine del binario morto, a cavare il biglietto di carta termica dal
registratore. Occhi bassi, fissi, dove si posano le stoviglie e i piedi;
e per chi trova posto, occhi che guardano con sospetto, o che
sogguardano le gigantografie allegoriche esposte a memorare la vanità dei sapori,
ad allietare l’incauto appuntamento del pellegrino con i cibi. Meglio
starsene fragili, appollaiati precari sul trampolino degli sgabelli alla
vetrina. Allora il mare d’Alghero è una direzione lontana, futura, di
là dell’immensa distesa della Pace: la piazza d’armi che ingoia i
turisti del sedile, o gli sbarcati freschi d’aria condizionata, dalle
pance degli autobus stranieri. – Eh, Bruno!? – Non si sa più se tu non
sia che un nome: se mai sia esistito il Bruno o se, naufrago, ancora
esisti e ti aggiri là di fuori, senza più riconoscere i pali storti
della passeggiata Busquet né i fanali di Capo Caccia… Senza capire
perché, tra i vassoietti impilati, lo spirito del zio Mac si gratta la
bazza e sorride.
Per chi proprio (punto da medusa o da
invincibile male delle folle rosolanti) senta il bisogno di un ritorno a
terra, la cura porta a Sassari, in visita ossequiosa dalle parti dei giardini.
Si consiglia il viaggio col trenino a gasolio,
un lento arrancare attraverso la Nurra riarsa, e poi una pencolante
passeggiata a risalire verso la collina su cui sorge la città turritana,
che rivela così l’altro lato dell’isola… La sassarese tempra è robusta,
incline al rosso, e mai tirchia di porti il piatto colmo
di dovizie tratte dal niente, miracoli della scarsità che a calzetta si
rovescia in pletora, in splendore odoroso di terra e di costa. Qui tra
le immemori trippe, nel ribollire di cordule e favate, non si spacciano
scialbi souvenir: ma il nero sangue dell’asinello, e la mentuccia odorosa che screzia il culurgione, che scambieresti invano per il più dolce raviolo. Qui la Zia Forica (Corso
Margherita di Savoia 39) spicca, contrafforte alle pendici di Elicona,
musa ad un tempo e dea sovrana della memoria: e tu non saprai mai se ti
ha preso prigioniero il sorriso che per un istante ti è parso balenare e
che in famiglia ti accoglie – tu foresto, tu orfano di tutto: nudo da
vestirti, famelico da riempirti il cavo della pancia. Non sai se è stata
la gentilezza burbera con cui ti enumerano by heart i piatti ricordo
d’una tradizione di millant’anni e rotti; se è la voce dolente, il fondo
scuro delle occhiaie, il grigio dei capelli che portano senza timori. O
se di là, nelle cucine nascoste, davvero cuociono ancora pezzetti
amorosi e sanguigni, per imbandire all’ospite accolto non lumachine ma
tocchelli di cuore.
vedi l'articolo nel suo contesto
sabato 28 luglio 2012
martedì 24 luglio 2012
L'anti-Riviera del corallo (da "il Fatto Quotidiano" del 16/07/12)

“Ciù post is mel che uàn”, diceva
il poeta bagnante. In questo caso “uàn” sta per il bar, “ciù”
per il ristorante: si entra dal
primo per convergere sul secondo. Poi per continuare, si ordina il
primo, oppure la pizza e si passa al secondo. Lo diciamo subito: da
provare le patate fritte, segni inconfondibili ci fanno pensare che
siano tagliate a mano (una rarità in Sardegna). Cucina generalista
(dalla camionista puttanesca alla borghesissima spigola) abbondante,
fresca e ben cucinata. Una simpatia verace nel servirla, merce rara
nella Riviera di cui prima. Ma appunto qui siamo, per fortuna, ad
Olmedo, lontani una inezia da Alghero. Interessanti piatti composti,
menù tematici, pizze davvero buone, completano l'orchestra. Peccato
per la televisione sempre accesa, ingombrante e chiassosa padrona di
casa.
Seconda
gita. A dieci chilometri da Olmedo e venti da Alghero c'è il paese
campagnolo di Uri.
Cerchiamo il ristorante di Ciù Mario.
Ancora un “ciù”, perdonateci, ma questo si traduce in zio. Uri è
famosa per i carciofi e per il ristorante di zio Mario, che però
cucina pesce. Mario però non l'abbiamo mai visto, la gestione è
rigorosamente sarda ovvero matriarcale. La discesa è da brivido, la
rampa che ci conduce all'interno è per automobili, il locale infatti
non è dissimile ad un parcheggio coperto. Noi però siamo cercatori
di sostanza, sian qui per riempirci (bene) la panza di paranza e non
badiamo a simili inezie. Facciamo bene, perché se abbiamo prenotato,
anche solo mezz'ora prima, ci troviamo un ricchissimo antipasto di
mare già in tavola. A quel punto possiamo solo proseguire: con i
primi di scoglio e con i secondi di lenza. Mirto offerto dalla casa.
Non cercate i dolci è sotto forma di packaging
industriale. D'estate si può cenare anche fuori dal...“garage”.
Terza
tappa, trenta chilometri da Alghero: Montresta,
ovvero alla ricerca
dell'oro nero. Nel bar della piazzetta in salita, nel banco frigo, in
basso a sinistra della barista, si cela un tesoro inaspettato:
bottigliette a piede libero di chinotto Neri a 1,80 euros al collo.
Se non le avessimo portate di persona alle nostre labbra mai
c'avremmo creduto. Il nostro consiglio è presentarsi a Montresta in
4 (più eventuali riserve), occupare il calcio da tavolo (nota bene:
si gioca gratis) sfidarsi per una buona mezz'ora ed infine
sorseggiare l'antico liquido nero. p.s. Per noi, con il chinotto
Neri, in Sardegna, è il primo incontro. Ad ogni modo per i
continentali non feticisti c'è pure dell'ottimo prosecco d.o.c. In
serata il bar si apre in pizzeria e su prenotazione anche in
ristorante. È d'obbligo ordinare la famosa pasta (fatta in casa)
montrestina "Sos Pipiriolos”.
Purtroppo né nel bancone, né nelle vetrinette del bar compare il
leggendario pane
bistoccu di Montresta
(grande orgoglio del Sindaco!). Ma chiedetelo e vi sarà dato.
P.s. Per ritornare
ad Alghero, fate la litoranea c'è da scommetterci che vi
piacerà.
venerdì 13 luglio 2012
Pescemania, ovvero la Boqueria
Bateson dice che, escludendo l'istinto,
le abitudini si apprendono sempre due volte. Prima si conosce il
funzionamento di qualcosa, poi, esercitandosi e sperimentando, ci si
abitua a ripeterlo.
Istintivamente noti la Boqueria verso l'ora di pranzo quando avverti un inspiegabile odore di frittura intorno a te. Ti guardi intorno con attenzione e finalmente scorgi un cartello fuori dal mercato del pesce. Ti ci avvicini e vedi della gente che non ha l'aria da casalinga entrare o uscire da lì, chiacchierando tra amici. In quel momento capisci che il tuo istinto non mentiva.
Istintivamente noti la Boqueria verso l'ora di pranzo quando avverti un inspiegabile odore di frittura intorno a te. Ti guardi intorno con attenzione e finalmente scorgi un cartello fuori dal mercato del pesce. Ti ci avvicini e vedi della gente che non ha l'aria da casalinga entrare o uscire da lì, chiacchierando tra amici. In quel momento capisci che il tuo istinto non mentiva.
Poi scatta l'abitudine.
Fin dalla prima volta è bene imparare
a separare l'aspetto da friggitoria rustica dalla realtà
malcelatamente fighetta del locale. Si deve capire che i pescioni
freschi che ti guardano e le ostriche che ti naccherano al ritmo
dell'acquolina in bocca non hanno affatto lo stesso prezzo del banco
del pesce alle tue spalle. Mentre aspetti un tavolo nell'ora di
punta, tra i morsi dell'appetito, devi esercitarti a stare a tuo agio
tra gli echi del mercato, incantonato sul tuo tavolino, a debita
distanza da felpe fintoluride col cappuccio e completi di Armani:
un'esperienza da provare!
Se la freschezza e la bontà non hanno prezzo, mai questa massima fu più vera alla Boqueria dove, a parte il piatto fisso di frittura, non esiste prezzo esposto. Ogni abitudine, infatti ha degli imprevisti. E qui resta oscuro il meccanismo di formazione del conto. Al punto che se pure impari a scegliere in modo eurocompatibile e prendi il vizio di coccolarti ogni tanto con una deliziosa triglia arrosto o un turgido polpo, lo farai comunque rischiando di dar fondo ai biglietti nel portafogli! Che dipenda da chi fa le somme? Non si sa..
Rien ne va plus, les jeux sont faits! (lux)
Bonus: La clientela è così varia e l'ambiente così dispersivo che nessuno farà mai caso a te
Malus: Vino in bottiglia da gioielleria!
Voti della Palmanana
Ambiente: 6,5
Servizio: 6
Cucina: 7,5
Ristorante Boqueria, via Cagliare 13, Alghero
Se la freschezza e la bontà non hanno prezzo, mai questa massima fu più vera alla Boqueria dove, a parte il piatto fisso di frittura, non esiste prezzo esposto. Ogni abitudine, infatti ha degli imprevisti. E qui resta oscuro il meccanismo di formazione del conto. Al punto che se pure impari a scegliere in modo eurocompatibile e prendi il vizio di coccolarti ogni tanto con una deliziosa triglia arrosto o un turgido polpo, lo farai comunque rischiando di dar fondo ai biglietti nel portafogli! Che dipenda da chi fa le somme? Non si sa..
Rien ne va plus, les jeux sont faits! (lux)
Bonus: La clientela è così varia e l'ambiente così dispersivo che nessuno farà mai caso a te
Malus: Vino in bottiglia da gioielleria!
Voti della Palmanana
Ambiente: 6,5
Servizio: 6
Cucina: 7,5
Ristorante Boqueria, via Cagliare 13, Alghero
lunedì 2 luglio 2012
Dai diamanti non nasce niente dal corallo nascono le perle. Bar la perla
Ad Alghero ci sono tanti bar e pochi
baristi. È un dato di fatto e la certezza la si ha quando se ne
incontra uno vero. I veri professionisti sono lontano dallo struscio,
fuori dalle rotte dei turisti. I veri baristi eseguono movimenti
ragionati, non hanno mai fretta, aspettano il prossimo avventore con
una attesa che può protrarsi per ore. I veri baristi sono dei
collezionisti del tempo. Il bar è per loro sia tempio che sacrestia.
Non è importante che sia pieno o vuoto, bello o brutto, fondamentale
per il barista è esserci dentro e governarne l'apertura. La gestione
del bar di viale Sardegna non fa difetto ed è accompagnata da un
pacifico plateatico che si affaccia su una larghissima highway a
bassissimo scorrimento dal grande fascino di periferia maledetta. In
vetrina troneggia il segnale:”al Mercoledì non si fa servizio ai
tavoli”. C'è il mercato rionale, segno che la pazienza, solo per
quella mattina deve essere praticata, almeno un po', anche dal
cliente.
Bonus: non c'è la televisione e la
sedie sono uguali uguali a quelle del caffè Quadri in piazza San Marco
a Venezia.
Malus: il Mercoledì
Voti della palmanana
Servizio 8
Ambiente 8
Bar la perla, viale Sardegna n.80,
Alghero
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